“Anfibio” è una parola di derivazione greca, composta da Amphi da entrambe le parti e Bios vita. Nel nome è dunque riepilogata la peculiare caratteristica di questa classe zoologica, la capacità (ma anche la necessità) di condurre una vita a metà, in perenne equilibrio tra il mondo sommerso e quello emerso.
Gli anfibi rappresentano una quota certamente minimale degli animali domestici. C’è tuttavia da osservare che per acquistarli e gestirli bisogna sapere bene che cosa si tratta. Tanto per cominciare oltre alle specie tutelate per legge, che non possono comunque essere commercializzate, conviene acquistare animali potenzialmente in grado di adattarsi al nostro clima. Questo a scanso di problemi futuri. Pur con queste limitazioni l’elenco delle specie disponibili non è breve.
Una rapida e certamente incompleta rassegna di alcune tra le specie di anfibi più comunemente in vendita ci aiuterà a comprenderne le caratteristiche e ci consentirà di offrire una sistemazione adeguata ai nostri nuovi ospiti, per garantire il giusto benessere anche ad animali d’affezione meno comuni di cani e gatti ma altrettanto meritevoli di attenzione.
La classe degli Anfibi (circa 7000 specie in tutto il mondo) comprende tre ordini: gli Anuri, che da adulti sono privi di coda (rane e rospi); gli Urodeli, i quali invece conservano la coda anche dopo la metamorfosi (tritoni e salamandre); i Gimnofioni o Apodi, meno numerosi (circa 170 specie presenti solo ai tropici), privi di zampe e spesso anche di coda, il cui aspetto serpentiforme ricorda quello di un grosso lombrico. Per l’allevamento in cattività ci interessano solo i primi due ordini.
Gli anfibi anuri: rane e rospi
Un segmento di mercato abbastanza ricco di offerte è quello delle rane arboricole: Dendrobates aurora. Della stessa affascinante famiglia fa parte, tra le altre, pure Ranitomeya amazonica, l’una e l’altra provenienti dalle Americhe. È africana invece la raganella pavone, Leptopelis vermiculatus, non sottoposta a normativa CITES ma considerata ad alto rischio di estinzione, per cui è consigliata soltanto agli appassionati che abbiano intenzioni circa la riproduzione e magari vogliano collaborare con chi a livello internazionale si impegna per salvarla. Torniamo in Amazzonia per citare, tra gli altri possibili ospiti, Trachycephalus resinifictrix, meglio nota come rana latte. Per tutte le piccole rane sin qui indicate occorre allestire un terracquario a sviluppo verticale, ricco di piante e particolarmente umido, con una zona acquatica che può anche essere non troppo grande. Servirà invece un acquaterrario con una vasta parte sommersa, ma anche un discreto spazio terrestre, per Bombina orientalis, l’ululone dal ventre rosso, e per le grosse rane cornute del Sud America del genere Ceratophrys.
Sono infine perfette per il paludario le Xenopus laevis, la piccola Hymenochirus boettgeri e il rospo del Suriname Pipa pipa. Queste tre ultime specie sono in verità allevabili persino in un acquario, dato che non abbandonano praticamente mai il mondo sommerso, ma quella dell’ambiente di palude ci sembra comunque una scelta più consona alle loro esigenze.
Gli anfibi urodeli: tritoni e salamandre
Tra le specie dotate di coda anche da adulti ci sono specie poco o nulla legate all’acqua, come ad esempio i geotritoni (in Italia sono diffuse varie specie del genere Speleomantes, che vanno rigorosamente tutelate). Gli urodeli che più interessano gli appassionati del terrario sono quelle più legati all’acqua e da allevare in acquaterrario o in paludario se non addirittura in un acquario. Quest’ultimo è l’ambiente ideale per l’Axolotl, forma larvale di Ambystoma mexicanum, capace persino di riprodursi senza bisogno di trasformarsi in adulto.
Particolarmente legato all’acqua è anche Pleurodeles waltl, il più grosso anfibio europeo (sino a 30 cm coda compresa). Per lui tuttavia è consigliabile un paludario, così come del resto per Hypselotriton orientalis, il tritone dal ventre di fuoco, forse più noto con il vecchio nome di Cynops orientalis, un piccoletto, lungo appena una decina di centimetri, accreditato di una aspettativa di vita in cattività di una ventina d’anni, probabilmente il tritone esotico più diffuso tra gli appassionati italiani. Tra questi il pleurodele va accompagnato dalla raccomandazione di evitarne a ogni costo la fuga perché potrebbe essere in grado di adattarsi al nostro clima, e sarebbe davvero un grosso guaio.
Importante sottolineare che gli anfibi, anche con quelli con abitudini prevalentemente acquatiche, di norma non vanno allevati insieme ai pesci, con i quali l’interazione spesso non è positiva. È consigliabile inoltre mantenere in ciascun vivario una sola specie.
Articolo di Luciano Di Tizio