Si dice che il cane sia il miglior amico dell’uomo… ma se dovessimo dare un giudizio in base alla diffusione di animali da compagnia nelle nostre abitazioni, i pesci rossi ne uscirebbero senz’altro vincenti. Chi non ha vissuto nel corso della propria esistenza il magico momento del trasporto a casa di un brillante sacchetto di plastica contenente uno o due pesci rossi? Che siano stati vinti alla lotteria di paese o al tiro a bersaglio del luna park, che siano stati acquistati dal nonno a una fiera campionaria o dalla mamma presso il negozio di animali all’angolo, ha poca importanza. I pesci rossi incrociano quasi sempre la vita di ognuno di noi, per poi uscirne dopo qualche tempo, per motivi diversi.
Chi sono e da dove provengono
I pesci rossi (Carassius auratus) vengono da molto lontano. Gli individui selvatici di questa specie vivevano nei corsi d’acqua di regioni orientali e furono inizialmente selezionati per divenire abbastanza resistenti da sopravvivere a cambi d’acqua e manipolazioni varie. Pertanto, molto prima che gli acquari fossero immaginati, i pesci rossi permettevano di realizzare un piccolo mondo acquatico a casa, in assenza di filtri e aeratori (che non erano ancora stati inventati!). Col tempo la specie ha continuato la sua evoluzione in questo peculiare ambiente… Da boccia a boccia, divenendo sempre più resistente e adattata alla vita nelle nostre abitazioni. Nel frattempo i loro ambienti di origine sono parzialmente scomparsi, anche a causa dell’azione distruttiva dell’uomo. Per questo motivo si ritiene, a ragione, che l’ambiente naturale dei pesci rossi sia rappresentato oggi dagli acquari domestici! Infatti la loro evoluzione negli ultimi secoli ha seguito delle forzanti che non hanno nulla a che vedere con quelle che tipicamente agiscono in natura.
Un pesce che viva in un corso d’acqua avrebbe certo rinforzato le proprie capacità di cercare una preda, di difendersi dai nemici naturali, di resistere a condizioni di siccità o all’attacco di alcuni parassiti. I pesci rossi, come si può ben vedere, si sono evoluti producendo un corpo fortemente colorato, che in assenza di veleni, pungiglioni o altre difese naturali sarebbe un ostacolo alla loro sopravvivenza nei fiumi, rendendoli facile bersaglio di possibili predatori. Alcune varietà (pensiamo alle tante selezioni di Orifiamma) hanno sviluppato occhi enormi o telescopici, che costituirebbero un impedimento in ambienti contenenti sassi acuminati e rocce. Alcuni hanno code e pinne di grandi dimensioni, che li rendono particolarmente inadatti al nuoto. Sono dunque delle aberrazioni da distruggere? Tutt’altro!
Teniamo presente che lo scopo ultimo per qualsiasi specie presente sul nostro pianeta è quello di sopravvivere in particolari condizioni che conferiscano un vantaggio rispetto a possibili competitori. Il pesce rosso è stato capace di “inventare” un nuovo biotopo, costituito dalle bocce e dagli acquari, nel quale sopravvive e grazie al quale aumenta le sue possibilità di riprodursi e trasferire i suoi geni alla progenie… attraverso una rete di esercizi commerciali! Il pesce rosso in definitiva è un peculiare, ma eccellente, esempio di evoluzione naturale in ambienti estremi e questa specie esisterà finché sarà in grado di stupire i giovani di Homo sapiens con colori sgargianti e piroette in vasca. Pertanto, la specie “oggetto” di selezione artificiale, si è evoluta trasformando le nostre stesse case in… ambienti da colonizzare. Un esempio unico di saggezza evolutiva.
Sfatiamo alcuni miti
I pesci rossi possono vivere per lunghi decenni e, secondo le varietà, raggiungere dimensioni diverse in vasca. Come mai allora la maggior parte di coloro che ne hanno fatto esperienza dichiarano che il pesciolino vinto alla lotteria non è sopravvissuto che due o tre settimane? Questo dipende da alcuni errori di base che sarà facile evitare, con le poche nozioni presenti in questo articolo. Vi stupirete dei risultati.
Prima di tutto consideriamo i cambi d’acqua. Se i pesci rossi vengono allevati correttamente, in un acquario vero, dotato di filtro, luci ecc., le loro condizioni di vita sono ideali e li vedremo crescere, prosperare e riprodursi per molti anni. Tuttavia non tutti sono disposti, sin dal primo contatto, ad allestire un acquario, a causa dei costi e delle attenzioni che si ritiene di dover tributare a una vasca allestita. In questi casi, dovremo rinunciare all’acquisto? Nient’affatto! I pesci rossi rappresentano in molti casi gli antesignani nella diffusione degli acquari. Diamo tempo al tempo e rendiamoli in grado di prosperare anche nelle condizioni estreme imposte dai cambi d’acqua.
I pesci sono “animali a sangue freddo” (eterotermi). Significa che non sono in grado di regolare la temperatura del corpo come noi (omeotermi). Il loro sangue è in ogni momento alla stessa temperatura dell’acqua nella quale sono immersi. Ora immaginate di disporre un pesce rosso nella sua boccia, ad agosto, a circa 30 gradi, sul tavolo della cucina. Giunto il momento del cambio, i pesci vengono malamente estratti dalla boccia (spesso lasciati saltare in lavandino in preda a spasmi respiratori!). Apriamo il rubinetto e lasciamo scorrere l’acqua, fino a formare un poco di brina sul tubo d’acciaio. L’acqua si raffredda rapidamente… Che bella sensazione per le nostre mani accaldate… Finalmente la boccia viene riempita nuovamente con acqua fresca (quasi fredda) e i pesci tornano a casa. Ci meravigliamo in questi casi nel vederli boccheggiare, come se avessero subito un trauma!
Ora esaminiamo l’evento dal punto di vista fisiologico. I pesci avevano il corpo ad una temperatura di 30 gradi e nel giro di pochi minuti il loro sangue è passato a 20 gradi. Trasliamo questa situazione sulla… nostra pelle. Abbiamo una temperatura corporea normale di circa 36 °C e nel giro di pochi istanti la portiamo artificialmente a 26 °C. Cosa pensate che ci succederebbe? Nella migliore delle ipotesi passeremmo in uno stato di coma. Perché ci meravigliamo allora se i pesci soffrono in queste condizioni? Potremmo affermare, al contrario, che sono particolarmente resistenti.
Come agire dunque? Bisogna assicurare ai pesci costanza della temperatura dell’acqua ed evitare ad ogni costo gli sbalzi. Un sistema molto semplice è quello di raccogliere l’acqua di rubinetto ogni giorno, poco dopo il cambio (ad esempio la sera) in una piccola tanica priva di tappo, e utilizzare poi quest’acqua per il cambio del giorno dopo. I pesci passano da un’acqua all’altra senza sbalzi di temperatura e questo accresce del 100% le loro probabilità di vita.
Inoltre, dobbiamo considerare che l’acqua di rubinetto contiene cloro, tossico per i pesci. Lasciando l’acqua in un recipiente aperto per una notte il cloro evapora e smette di aggredire le branchie dei nostri beniamini. Una soluzione alternativa, molto comoda, è quella di dotarsi di due bocce identiche. Ogni giorno riempiamo la boccia alternativa, lasciando decantare l’acqua, e il giorno dopo vi spostiamo i pesci, mentre la boccia precedentemente usata viene lavata bene (senza sapone) strofinandola con una spugnetta dedicata a questo scopo (non quella usata per i piatti), riempita subito d’acqua fresca e lasciata in una credenza fino al successivo uso, il giorno successivo. Questo stratagemma riduce ogni forma di stress al momento del cambio d’acqua, garantisce uniformità di temperatura ed accresce notevolmente il benessere dei pesci. Ci permette anche di effettuare i cambi in comodità.
Il momento del pasto
Si può certamente affermare che muoiono molti più pesci rossi per eccesso di cibo che per mancanza di alimenti. La gente tende a somministrare troppo cibo e questo provoca vari danni. A parte quelli diretti all’organismo (i pesci ingrassano, proprio come noi) dobbiamo considerare i danni ambientali. Il cibo non consumato si degrada nella boccia e produce inquinanti sino al giorno dopo, al prossimo cambio. I pesci si ammalano facilmente in queste condizioni e muoiono. La maggior parte di noi infatti (chissà perché…) trova naturale somministrare l’alimento dopo il cambio d’acqua, quando i pesci sono ancora stressati dalla variazione di temperatura e dalla permanenza in assenza di liquido! Invertiamo le cose. Bisogna somministrare un pizzico di alimento secco (scegliendone uno di buona qualità: costano veramente pochissimo e non è il caso di risparmiare su una cosa fondamentale) una volta al giorno, dieci minuti prima di cambiare l’acqua nella boccia. La quantità di cibo sarà tale da essere consumata tutta in circa 5 minuti. Poco dopo effettuiamo il cambio d’acqua e spostiamo i pesci nell’acqua pulita. Questa pratica ha tantissimi vantaggi. Innanzitutto eliminiamo i residui di cibo, evitando che si degradino e producano inquinamento. Poi alimentiamo i pesci in un momento “tranquillo”, quando essi sono interessati al cibo e poco stressati. Infine, evitiamo di lasciare sul fondo le feci dei pesci. Essi, infatti, tendono a produrre feci poco dopo aver assunto un pasto e quindi, attendendo alcuni minuti dopo il termine del processo, potremo assicurare ai nostri beneamati un ambiente sano per tutto il giorno successivo. Prima di concludere vogliamo rammentare (anche se siamo certi non ce ne sarebbe bisogno) di evitare pratiche stupide, come quella di aggiungere nella boccia zollette di zucchero, molliche di pane o pezzetti di pasta. I pesci ovviamente accettano anche pasta e pane… poi muoiono perché questi alimenti sono troppo diversi da quelli che potrebbero reperire in natura. Bisogna usare invece alimenti fortemente proteici, studiati per i pesci rossi, in fiocchi o liofilizzati, reperibili presso qualsiasi negozio di animali domestici.
Le malattie
I pesci, come tutti gli esseri viventi, si ammalano. Quelli acquistati presso fiere e luna park, purtroppo, vengono trattati con poche attenzione e quindi sono spesso ammalati già al momento dell’acquisto. Lo potremo comprendere notando che hanno macchie sul corpo, che trascorrono gran parte del giorno rannicchiati sul fondo o che respirano a galla. Dovremmo evitare di acquistarli, in questi casi, perché ne otterremmo probabilmente una delusione. Meglio rivolgersi a un serio negoziante di acquari, che potrà offrire maggiori garanzie di successo.
Tuttavia i pesci possono ammalarsi anche a casa nostra. Talvolta a causa di un eccesso di cibo, oppure per temperature troppo elevate, sbalzi di temperatura, bocce troppo strette o scaramucce, i pesci possono essere attaccati da batteri e protozoi che li conducono poi alla morte. Sarebbe impossibile offrire qui nozioni serie di ittiopatologia ma un consiglio risolutore possiamo darlo, visto che funziona in molte situazioni. Se i pesci appaiono svogliati, muovono velocemente gli opercoli branchiali (dimostrando che hanno difficoltà respiratorie), presentano sul corpo dei puntini bianchi o delle macchie chiare (che inizialmente non c’erano!), perdono parte delle scaglie, oppure sono decolorati e nuotano in modo strano (ad esempio su un fianco), proviamo ad aggiungere dopo ogni cambio d’acqua un cucchiaio raso di sale grosso sul fondo della boccia. Il sale si scioglie lentamente e uccide subito i microorganismi adesi al fondo, poi ne rende la vita più difficile sul corpo dei pesci. Ovviamente non bisogna esagerare (questi sono pesci d’acqua dolce) e non dovremo superare la dose suggerita, per una vaschetta da 3-4 litri di volume (riducendola se la boccia è piccola). Tuttavia in molti casi, seguendo questa prassi per circa una settimana, potremo notare che i pesci si riprendono, le macchie spariscono, e la vita torna tranquilla.
I contenitori
Storicamente i pesci vengono tenuti in casa in bocce di vetro, di forma più o meno sferica. Ovviamente non è questa la forma ideale per garantire scambi gassosi ottimali, specialmente se le riempiamo fino all’orlo. La superficie libera dell’acqua, a livello della quale l’ossigeno si discioglie nel liquido, è molto ristretta rispetto al volume. Pertanto, se proprio optiamo per una boccia, sarà opportuno adottarne una abbastanza grande e riempirla solo fino a metà. Così la superficie dell’acqua sarà massima e i pesci potranno godere condizioni di saturazioni di ossigeno. Come alternativa potremo considerare dei recipienti bassi e larghi, ad esempio delle ciotole di vetro da frigo del volume di 3-4 litri, che possono meglio assicurare gli scambi gassosi. Ovviamente la soluzione ideale è quella di una vaschetta (di plastica o di vetro) di dimensioni sufficienti, considerando che dovremo assicurare almeno 3-4 litri d’acqua per ogni pesce rosso allevato. Anche se inizialmente sono piccoli, essi crescono velocemente e non potremo pretendere di contenerli in vasche… strette di spalle!
Concludiamo cercando di sfatare un altro mito. Osservazioni superficiali da parte di inesperti ecologisti e conclusioni affrettate, totalmente prive di basi scientifiche, hanno portato alla diffusione del concetto che una vasca tonda o una boccia possano indurre nei pesci stress psicologico. Si tratta, senza mezzi termini, di una enorme sciocchezza. Eppure alcune amministrazioni comunali hanno addirittura emanato direttive che vietano la vendita di vasche tonde! Questo dimostra come sia facile per informazioni “fake” circolare e produrre effetti sociali importanti. La cosa parte dall’osservazione di pesci rossi che nuotano in tondo nella boccia senza mai fermarsi ed ha portato delle ansiose e disinformate “persone da salotto” a dedurre che le pareti arrotondate li fanno “impazzire”. In realtà, molto più semplicemente, quando i pesci nuotano in continuo col muso sulla parete di vetro (o vanno su e giù in una vasca prismatica, che è lo stesso) essi stanno cercando disperatamente… il buco! Immaginate di essere in una stanza molto piccola e di percepire la presenza di un veleno nell’aria. Come pensate che reagireste? Senza dubbio comincereste ad esplorare ansiosamente ogni singolo centimetro di parete cercando una via d’uscita. Il problema dunque poggia sulla pessima qualità dell’acqua, non sulla forma del contenitore. Proviamo a cambiare l’acqua rapidamente, quando osserviamo questo comportamento e noteremo che magicamente i pesci smettono di nuotare in tondo: il cambio d’acqua raddrizza le pareti!
Ultima raccomandazione: non tippettate sui vetri. Come tutti i pesci, anche i Carassi hanno una linea laterale molto sensibile alle vibrazioni, nata con lo scopo di percepire movimenti nell’acqua. Ogni battito contro la parete di vetro equivale ad un terremoto per un pesce. Rispettate quindi la loro intimità e limitatevi ad osservarli, senza battere.
2 Comments
Ottimi consigli per far morire dei Carassius Auratus di nanismo.. 3-4 litri ad esemplare? Ma siamo pazzi? Dovrebbe essere reato dare certe informazioni
Riceviamo con piacere il commento del nostro lettore, indice di una analisi attenta e critica. Ci preme far rilevare che l’articolo, per contenuti e approccio, era destinato all’hobbista inesperto, non al professionista del settore o all’allevatore esperto.
Potrebbe apparire inadeguato definire le esigenze di una specie in accordo con le esigenze di un diverso pubblico ma non lo è. Infatti, si tenga presente che nella generalità dei casi Carassius viene venduto a bambini o comunque a persone inesperte o poco esperte di acquari, che quasi sempre tendono a sottovalutare le sue esigenze minime, mantenendoli in barattoli da 200-300 ml o in minuscole bocce in cui i pesci addirittura si muovono con difficoltà.
Scopo dell’articolo è quello di far superare questo stadio, spostando i piccoli animali in uno spazio più consono alle loro esigenze minime o, almeno, a garantire una sopravvivenza sufficientemente lunga e decisamente meno critica. Se ci fossimo rivolti a degli esperti avremmo dovuto consigliare una vasca da almeno 200-250 litri, munita di filtro, impianto di illuminazione, termoregolazione, ecc. Queste infatti sono le condizioni in cui si potrebbe affermare di poter mantenere idealmente dei giovani esemplari di Carassius (anche una singola coppia richiede spazio e risorse ecologiche minime, date le dimensioni finali, le abitudini alimentari, ecc.), immaginando di spostarli poi in laghetti da giardino o in vasche più grandi al raggiungimento della maturità sessuale.
Crediamo che pochi dei nostri lettori, bambini (e meno giovani), avrebbero raccolto l’invito a sostituire la boccia con una vasca così impegnativa? Eppure, lo spostamento di una tipica coppia di pesci rossi giovani (un paio di centimetri in LT) spostata in una vaschetta in plastica da 8-10 litri potrà ricominciare a “vivere” e forse attrarre attenzioni e cure tali, da produrre un nuovo appassionato (che in futuro, quindi, riuscirà a realizzare un acquario funzionante).
Bisogna dunque raggiungere un compromesso, con una speranza concreta. Se una percentuale significativa (20-40%?) dei lettori si lascerà convincere dall’articolo, un numero consistente di pesci rossi sarà promosso a condizioni di vita quasi accettabili e questo costituirà uno stimolo per alcuni (10-15%?) ad allestire un vero acquario. Un tale risultato sarebbe per noi più che soddisfacente. Insomma, è necessario essere molto concreti ed evitare di salire in cattedra per indicare un mondo ideale, se questo significa annullare ogni possibilità di successo.
Ringraziamo dunque il lettore per l’attenzione, e lo invitiamo ad unirsi a noi tutti, professionisti e privati, nel tentativo sincero e modesto di migliorare il welfare animale attraverso una attenta ma concreta azione di sensibilizzazione, perché il contributo di ognuno è davvero essenziale per condurre la nostra missione.