Più che come Tetraodontidi (nome di derivazione greca che significa letteramente “quattro denti”, con riferimento alle quattro placche dentarie caratteristiche di questi pesci), i numerosi rappresentanti di questa famiglia sono conosciuti da tutti con il nome, ben più popolare e familiare, di pesci palla. Oltre alla tipica dentatura (scarna ma formidabile, come ben sa chi ha avuto la sfortuna di essere morso), caratteristica di tutte le specie è la pelle priva di scaglie e irta di piccole spine, nonché l’assenza delle pinne ventrali: la propulsione durante il nuoto è assicurata dalle pettorali, dalla dorsale e dall’anale, mentre la caudale funge da timone.
Ma, ovviamente, la particolarità fisiologica dei pesci palla di gran lunga più popolare è la loro capacità di gonfiarsi all’inverosimile, ingoiando rapidamente aria o acqua. Purtroppo lo “sgonfiamento” non è generalmente altrettanto rapido e spesso si rivela problematico per il povero pesce anche se quasi sempre provvidenziale per salvarlo dalle fauci dei (pochi) predatori che ignorano la tossicità delle sue carni (la tetradotossina, com’è noto, miete vittime anche tra gli esseri umani, soprattutto in Estremo Oriente) o, magari, ne sono immuni.
Regola prima per chi gestisce questi pesci, dunque, è quella di non farli gonfiare per gioco: oltreché sciocco, è anche stressante e probabilmente doloroso per l’animale, che in genere ricorre a questo espediente come estremo tentativo per… salvarsi la vita.
Un pizzico di sale fa miracoli
I “veri” pesci palla d’acqua dolce, esclusivi delle acque interne e solo sporadicamente reperibili nei biotopi salmastri costieri, sono relativamente pochi: essi non richiedono alcuna aggiunta di sale e anzi preferiscono in genere valori di pH, durezza e conduttività medio-bassi, comunque inferiori a quelli comunemente riscontrabili nell’acqua di rubinetto che, dunque, andrà “tagliata”, in misura più o meno consistente, con acqua demineralizzata.
I pesci capaci di vivere in acqua salmastra si definiscono eurialini, ovvero tolleranti rispetto a variazioni più o meno ampie di salinità. In genere, i pesci palla d’acqua salmastra (i più numerosi) affrontano con evidenti difficoltà lo stress dovuto alle fasi di cattura, trasporto e stabulazione, dimostrandosi in tali frangenti assai vulnerabili e soggetti a numerose patologie: in altre parole, difficilmente si possono trovare degli esemplari freschi d’importazione in ottime condizioni di salute. L’ideale per rimettere in sesto e allevare con successo questi Tetraodontidi (spesso troppo sensibili ai consueti prodotti curativi) è senza dubbio un acquario salmastro, sistemazione estremamente naturale che garantisce condizioni di vita pressoché ideali (anche per eventuali progetti di riproduzione).
L’acqua salmastra, infatti, funge da deterrente e curativo contro infezioni fungine ed ectoparassiti, contribuisce a mantenere i pesci eurialini più robusti, a farli crescere con un ritmo regolare e, in molti casi, a renderli perfino più longevi. Se acclimatati e allevati permanentemente in acqua dolce, invece, i pesci palla eurialini si dimostrano il più delle volte assai delicati, vulnerabili di fronte alle più comuni malattie ed estremamente sensibili all’accumulo di composti azotati come i nitrati (anche se consistenti, questi vengono ampiamente tollerati in acqua salmastra). Nei casi più gravi, la morte può sopraggiungere dopo pochi giorni dall’introduzione in vasca, preceduta da sintomi gravi come, per esempio, il ventre fortemente incavato, l’inappetenza, la colorazione scura della livrea e l’inattività.
Attenzione ai coinquilini
La convivenza dei Tetraodontidi con altri pesci è abbastanza problematica. In linea di massima, va sempre evitata l’associazione con specie più piccole o con pinne lunghe, irresistibile tentazione per la “fauci” dei pesci palla. Ciclidi, robusti pesci labirintici (come grossi gurami), predatori (Channa, Polypterus, grandi pesci gatto, ecc.), veloci e robusti pesci di branco di buona taglia (grossi barbi, Pangasius, Balantiocheilus, ecc.) e pesci “corazzati” come i Loricaridi sono alcuni dei possibili coinquilini affiancabili ai “palla” senza rischio eccessivo. Le specie d’acqua salmastra si possono allevare, perlomeno in acquari di adeguata capacità (oltre 250 l), in compagnia di pesci quali Scatophagus argus, Monodactylus argenteus, M. sebae e Toxotes jaculatrix.
Dieta molto varia
La dieta dei pesci palla è generalmente onnivora: loro prede d’elezione sono tutti i molluschi, sia bivalvi che gasteropodi (sono tra l’altro tra i migliori “lumachicidi biologici” per l’acquario), nonché i piccoli crostacei dalla taglia di una dafnia a quella di un gamberetto adulto (sia vivi che surgelati), tutti alimenti che oltre a nutrirli sostanziosamente consentono loro di usurare adeguatamente la dentatura, evitandone uno sviluppo eccessivo. Graditissimi anche i vermi (dai tubifex, agli enchitrei, ai lombrichi, secondo la taglia del pesce), i chironomi, le larve di zanzara e strisce di cuore di bue. La componente vegetale della dieta è rappresentata in natura da semi e frutti caduti in acqua, anche se molte specie si nutrono di alghe e foglie di piante acquatiche: in acquario raramente i pesci palla danneggiano le piante, è bene in ogni caso fornire loro regolarmente un’integrazione vegetale alla dieta, costituita da verdura cotta e cialde di mangime per alghivori, tenendo presente che difficilmente questi pesci mostreranno entusiasmo per i mangimi secchi, in granuli o fiocchi che siano.
Qualche specie
Colomesus asellus (Müller & Troschel, 1848)
Amazzonia (Brasile, Perù, Guyana), in lagune e anse tranquille dei fiumi a soli 20-60 cm di profondità (acque dolci) ma anche in torrenti costieri (acque salmastre). Raggiunge una taglia massima di 14 cm. Tra i pochi pesci palla relativamente socievoli, in acquari sufficientemente grandi (minimo 200 l) si può tenere in gruppo, non può essere associato però a pesci più piccoli o con pinne lunghe. Acqua preferibilmente dolce: T 22-28 °C; pH 5,5-7,2; 5-15 °dGH.
Tetraodon biocellatus (Tirant, 1885)
Confuso spesso in acquariofilia con T. palembangensis (Bleeker, 1852), specie quasi mai allevata in acquario. Tailandia, Indocina, Malesia, Indonesia. Vive in acqua dolce e salmastra. Taglia massima: 6 cm. Soprattutto da giovane è abbastanza pacifico verso gli altri pesci e relativamente tollerante verso i propri simili. Può sporadicamente “mordicchiare” le pinne dei compagni di vasca.
Da allevare in vasche d’acqua salmastra con capienza non inferiore agli 80 litri effettivi.
Tetraodon lineatus (L., 1758)
Grandi bacini fluvio-lacustri dell’Africa sub-sahariana: Nilo, Ciad, Niger, Volta, Gambia, Geba e Senegal. Lunghezza massima: 43 cm. Da oltre un secolo conosciuto come pesce d’acquario, malgrado la taglia imponente e la notevole aggressività che lo contraddistingue. Acqua di media durezza (10-15 °dGH); pH 7; T 24-26 °C. Adatto solo a vasche particolarmente grandi e spaziose (a partire da 400 l) questo impegnativo pesce palla si può allevare in compagnia di altri pesci di taglia adeguata. Richiede un forte filtraggio e regolari cambi parziali dell’acqua, sabbia fine e arredamento a base di rocce.
Tetraodon mbu (Boulenger, 1899)
Bacino del Congo-Zaire e lago Tanganica, in laghi e grandi fiumi. Misura fino a 67 cm ed è il più grosso pesce palla d’acqua dolce vivente. Aggressivo e fortemente territoriale a ogni età, è in continuo movimento e aggredisce spesso i pesci più piccoli o provvisti di lunghe pinne. Probabilmente il più bel pesce palla d’acqua dolce, anche se raro e assai costoso in quanto solo occasionalmente importato (dalla metà degli anni Cinquanta) dai suoi luoghi d’origine. Necessita di vasche grandi e spaziose (non meno di 500 l), con fondo di sabbia soffice e qualche roccia come arredamento, poche piante robuste. Forte filtraggio e buona ossigenazione. Valori fisico-chimici dell’acqua: T 24-26 °C; pH 6,5-7,5; durezza 8-15 °dGH.
Tetraodon nigroviridis (Marion de Procé, 1822)
Confuso spesso in acquariofilia con T. fluviatilis, specie quasi mai allevata in acquario. Indocina, Indonesia, Tailandia, Myanmar, Malesia, Filippine e Sri Lanka, in acqua dolce e salmastra. Taglia massima: 14 cm. Il pesce palla più comunemente allevato, presente da un secolo nei nostri acquari. Mordicchia di tanto in tanto le pinne degli altri pesci e si dimostra spesso intollerante verso conspecifici e congeneri. L’allevamento di più esemplari adulti è consigliabile solo in vasche capienti e insieme a coinquilini rapidi nel nuoto e di buona taglia, i pesci troppo piccoli rischiano di essere feriti seriamente o perfino divorati, per non parlare di gamberetti, granchi e ampullarie. Adatto per acquari d’acqua salmastra o marina di capacità non inferiore ai 150 litri effettivi. (Autore: Alessandro Mancini)